Gianduja: la maschera popolare torinese di Bellone e Sales

Gianduja è una maschera popolare torinese nata alla fine del 1700 da due burattinai piemontesi, il cuneese Gioacchino Bellone (di Racconigi) ed il torinese Giovanni Battista Sales, nella tradizione carnevalesca ha una valenza simile a Puclinella per Napoli o Pantalone per Venezia.

Diversi hanno cercato di dare un’origine precisa al noma di Gianduja, l’ipotesi più accreditata è la contrazione di Gioanin dla doja (Giovanni del boccale), doja in piemontese indica il recipiente per il vino.

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Eurochocolate di Chiara Marra – licensed under CC BY-ND 2.0

La storia di Guanduja nasce nel cuore di Torino, nella centralissima Piazza Castello quando il sabato si teneva il mercato nel quale veniva venduto di tutto.

Qui vi era il famoso burattinaio Umberto Biancamano, conosciuto come Gioanin dj’ Osej ovvero Giovannino degli uccelli, che con i suoi spettacoli intratteneva i bambini.

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Fra gli spettatori figuravano i giovani Gioacchino Bellone e Giovanni Battista Sales, i quali decisero di dedicarsi ai burattini impostando le loro trame verso il malgoverno e come personaggio adottarono il Gironi, personaggio risalente ad un vecchio copione del 1600.

Il Gironi era un contadino sprovveduto spesso alle prese con la burocrazia del potere, così i due giovani aggiornarono le vecchie battute del copione seicentesco trasformandole in una critica sottile verso la politica ed i costumi di inizio 1800.

carnevale torino

da un manifesto del 1949 – pubblico dominio

I due giovani ebbero parecchio successo tanto da partire in tournée, così nel 1802 si esibirono a Genova dove furono particolarmente apprezzati specialmente quando tiravano in ballo il potere del posto.

A Genova vi era il doge Gerolamo Durazzo (il doge era la figura centrale del potere nell’antica Repubblica di Genova) ed i genovesi lo identificarono nella figura della marionetta Gironi, ridicolizzandone il nome.

Il pubblico crebbe di numero ed arrivò anche la polizia che arrestò Bellone e Sales con la pesante accusa di ingiuria nei confronti del doge, con il risultato che gli vennero bruciati i burattini, la struttura mobile ed infine vennero espulsi dalla città.

Prima di lasciare Genova si fecero intagliare dei nuovi burattini, poi tornati a Torino montarono un teatrino in via Garibaldi, allora via Dora Grossa, dove presentarono il loro spettacolo dal titolo “La storia di Artabano 1°, ossia il Tiranno del Mondo, con Gerolamo suo confidente e re per combinazione”.

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Carnevale del 1926 di Halloween HJB – licensed under CC BY-NC-SA 2.0

Il pubblico si divertiva ma le battute vennero interpretate come un’offesa a Girolamo Bonaparte (fratello di Napoleone Bonaparte) dato che aveva lo stesso nome del doge di Genova (Gerolamo Durazzo) dove erano successi i primi guai, così i due burattinai vennero nuovamente denunciati.

Durante il processo Sales e Bellone dovettero ripetere le frasi incriminate ed il pubblico si divertì parecchio esplodendo in fragorose risate, mentre i giudici si divertirono sicuramente meno.

Le frasi incriminate furono le seguenti: “Liberté egalité fraternité, ij fransèis a van an caròssa e noi a pe” ovvero “Libertà eguaglianza fraternità, i francesi vanno in carrozza e noi a piedi” e “Viva la Fransa viva Napoleon, chiel a l’é rich, e noi ëstrasson” ovvero “Viva la Francia, viva Napoleone, lui è ricco e noi straccioni”.

Sales e Bellone vennero accusati di aver tramato contro lo stato e dopo aver ricevuto la condanna a morte furono rinchiusi nelle prigioni delle Torri Palatine.

porta palatina

Xilografia del 1890

Tuttavia riuscirono ad evadere dalla prigione fuggendo ad Asti, qui chiesero aiuto alla famiglia De Rolandis di Castell’Alfero.

Il figlio della famiglia De Rolandis, Giovanni Battista Gaetano De Rolandis detto “Zuanin”, venne impiccato all’età di 21 anni il 23 aprile del 1796 nel giardino della Montagnola, oggi una delle aree verdi nel centro di Bologna.

Giovanni Battista Gaetano De Rolandis insieme a Luigi Zamboni nel 1794 guidarono un tentativo di rivolta a Bologna contro lo Stato Pontificio, distribuendo anche coccarde tricolore, il simbolo di una nuova Italia.

Il tentativo di rivolta fallì, De Rolandis e Zamboni fuggirono nel Granducato di Toscana dove però vennero arrestati dalla guardia granducale, consegnati alla polizia pontificia e poi trasferiti a Bologna, dove ebbe luogo uno dei più cruenti processi intentati dalla Santa Inquisizione bolognese.

Sales e Bellone vennero nascosti in un cascinale vicino a Castelferro di proprietà del fratello di Giovanni Battista Gaetano De Rolandis, ovvero Alessandro Giuseppe De Rolandis.

Qui i due giovani burattinai torinesi cambiarono il nome del loro personaggio da Giròni in Gianduja, oltre che cambiarne il linguaggio teatrale.

gianduiotto

Il linguaggio del personaggio Gianduja rispecchiava il carattere conservatore dei piemontesi, dotandolo di buon umore ed incentrando le trame verso una critica a carattere politico che portasse avanti l’idea del Risorgimento e dell’Unità d’Italia.

Nel 1807 il nuovo personaggio Gianduja portava una coccarda tricolore ben visibile sul tricorno, la stessa accolta con applausi nel 1797 a Modena e Reggio Emilia come vessillo di una nuova Italia.

Gianduja era vestito con calzoni verdi fino al ginocchio, un giubbetto marrone con orli rossi, scarpe basse, calze rosse e panciotto giallo, il suo aspetto era caratterizzato da un viso rubicondo e portava la parrucca con il codino volto all’insù.

Gianduja è rimasto nel collettivo comune come un personaggio dal fare affabile, il sorriso benevolo ed il boccale pieno di vino.

Anche grazie a caricaturisti e giornali satirici dell’epoca, Gianduja ebbe un’influenza nelle decisioni del Parlamento Subalpino, poiché era in continua contrapposizione con personaggi influenti come Massimo d’Azeglio, Camillo Benso conte di Cavour e Giuseppe Mazzini.

torino capitale

La vignetta qui sopra, di Adolfo Matarelli, è stata pubblicata da Il Lampione nel 1864.

A sinistra Stenterello (maschera fiorentina) festeggia la perdita del titolo di Firenze come capitale del Granducato di Toscana, mentre a sinistra Gianduja appare perplesso per lo spostamento della capitale da Torino al capoluogo fiorentino, dopo la convenzione italo-francese del settembre 1864.

Gianduja divenne una sorta di burattino patriota incitando in maniera costante gli italiani ad unirsi sotto la stessa patria e bandiera.

Specialmente nelle manifestazioni carnevalesche Gianduja era affiancato dalla sua inseparabile compagna Giacometta, pratica e coraggiosa come il marito.

Il suo costume è caratterizzato da una camicia con scialle, un cappello alto ed una lunga gonna che si ispira agli indumenti folkloristici del Piemonte.

gianduja e giacometta

Foto di Nicolorion – licensed under CC BY 2.0

Il carattere godereccio ed allegro di Gianduja, fedele alla sua inseparabile compagna Giacometta rappresenta lo stereotipo piemontese del galantuomo, dotato di senno, coraggio ed incline alla benevolenza.

La settimana precedente la quaresima Gianduja faceva e fa ancora oggi visita ad ospedali, ospizi, ricoveri distribuendo dolci e regalando buon umore.

In occasione dei festeggiamenti dedicati a san Giovanni Battista, patrono di Torino, si può vedere Gianduja sfilare in piazza Castello insieme ai torinesi.

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